PROVE CESSIONI INTRACOMUNITARIE

La Corte di Cassazione – Sez. Tributaria è recentemente ritornata ad occuparsi della prova delle cessioni intracomunitarie nelle vendite con resa EXW, nella sentenza N. 32330 del 02/11/2022, rigettando il ricorso del ricorrente proposto contra una sentenza della Commissione Tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che aveva respinto il ricorso promosso dal contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa a fatture di cessioni intracomunitarie.

Secondo la pronuncia della CTR, l’Agenzia delle Entrate aveva correttamente contestato al contribuente l’omessa regolarizzazione ai fini IVA di dette fatture emesse per cessioni intra UE, non essendo stato provato dal cedente, nell’ambito della cessione EXW, la prova dell’uscita delle merci dal territorio dello Stato.

Cosa dice la normativa.
Come ricorda la Corte di Cassazione: “Secondo il costante orientamento della Corte di giustizia, l'esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all'acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione”.

Spetta poi al diritto nazionale di ciascuno Stato membro stabilire quali siano le prove che il soggetto passivo deve procurarsi al fine di dimostrare l’effettiva uscita delle merci dal territorio dello Stato e le altre condizioni di applicabilità dell’esenzione dall’IVA.

A questo proposito l’art. 45 bis Reg. N.282 del 15/03/2018, unitamente ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella nota Circolare n.12 del 12/05/2020, disciplina l’onere documentale circa le cessioni intra-UE, introducendo una presunzione relativa relativamente all’uscita delle merci dallo Stato e distinguendo l’ipotesi in cui i beni siano spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto da quello in cui i ben siano trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto (EXW).

Ed è proprio in questa seconda fattispecie in cui versano spesso le aziende, a rendere oltremodo difficoltoso il procurarsi la prova di uscita delle merci.

Infatti, il venditore dovrebbe procurarsi dall’acquirente una dichiarazione scritta che certifichi che la merce è stato consegnata nel Paese UE di destino, contenente la data del rilascio, il nome e l’indirizzo del cessionario, la quantità e natura dei beni ceduti, data e luogo di arrivo. E ciò entro 10 giorni dalla consegna.

In aggiunta a tale dichiarazione il fornitore deve essere anche in possesso di una delle due seguenti tipologie di documentazione:

- almeno 2 documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni rilasciati da 2 diversi operatori economici indipendenti tra di loro e indipendenti dal venditore e dall’acquirente (es. un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, una fattura emessa dallo spedizioniere);

- un documento relativo al trasporto o alla spedizione dei beni rilasciato da operatore economico, indipendente dal venditore e dall’acquirente, (es. un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, una fattura emessa dallo spedizioniere) e uno dei seguenti documenti:

- polizza assicurativa relativa alla spedizione dei beni o documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o il trasporto dei beni;

- documenti ufficiali rilasciati da pubblica autorità (ad esempio notaio) che confermino l’arrivo de beni nello stato membro di destinazione;

- ricevuta rilasciata da un depositario di beni detenuti nello Stato di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale stato membro.

In mancanza di tali prove non resta al contribuente-cedente che dimostrare che sia stata commessa dall’acquirente una frode di cui il fornitore non era e non poteva essere a conoscenza (CGUE in causa C-409/04, cit., punto 50; CGUE in causa C492/13, punto 31) (NDR – prova assai difficile da raggiungere).

Ricordiamo che sul punto sempre la Cassazione Civile nella sentenza N.4045 del 12/02/2009 ha affermato che: “In tema di cessioni intracomunitarie, il cedente ha l'onere di dimostrare l'effettività dell'esportazione della merce nel territorio dello Stato nel quale risiede il cessionario o, in mancanza, di fornire adeguata prova della propria buona fede, ossia di aver adottato tutte le misure che si possono ragionevolmente richiedere, per non essere coinvolto in un'evasione fiscale avendo riguardo alle circostanze del caso concreto: ne deriva che, in caso di vendita con clausola "franco fabbrica", il cedente ha diritto all'esenzione IVA solo ove fornisca la prova documentale rappresentativa dell'effettiva dislocazione della merce nel territorio dello Stato membro di destinazione o di "fatti secondari", dai quali desumere la presenza delle merci in un territorio diverso dallo Stato di residenza, ovvero, se la documentazione sia in possesso di terzi non collaboranti e non sia acquisibile da altri soggetti, di aver espressamente concordato, nei contratti stipulati con vettore, spedizioniere e cessionario, l'obbligo di consegna del documento e, a fronte dell'altrui inadempimento, di aver esperito ogni utile iniziativa giudiziaria".

Cessioni extra UE.
Notiamo che la Corte di Cassazione evidenzia che: “Analogo principio è stato espresso dalla Corte di giustizia in tema di cessioni extracomunitarie (da ultimo, CGUE 17 ottobre 2019, in Causa C-653/18, Unitel) ed è stato recepito dalla recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 29498 del 24/12/2020; Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4636 del 26/02/2014).”

E’ pertanto importante obbligare contrattualmente cliente e trasportatore alla restituzione della documentazione utile alla prova di uscita delle merci dal territorio della Comunità (appuramento) onde evitare spiacevoli recuperi dell’IVA da parte dell’Agenzia delle entrate.