Lo scorso giugno, il sistema dell’arte italiano è stato interessato da una significativa riforma normativa che ha inciso su diversi aspetti, impattando sulle modalità di circolazione degli oggetti d’arte.
Innanzitutto, con l’articolo 9 del Decreto-Legge n.95/2025, il Governo ha recepito la Direttiva (UE) 2022/542, che consente agli Stati membri una maggiore flessibilità nell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta sulle importazioni e cessioni di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione. Dopo anni di pressione da parte degli operatori della filiera, è arrivata la tanto attesa riduzione dell’aliquota.
Seguendo l’esempio di Francia e Germania, che hanno già introdotto aliquote ridotte rispettivamente del 5,5% e del 7% a partire dal 1° gennaio 2025, anche l’Italia ha scelto di intervenire in modo decisivo abbassando l’aliquota IVA sulle importazioni di opere d’arte dal 10% al 5% ed estendendola anche a tutte le cessioni. Queste ultime, finora soggette all’aliquota ordinaria del 22%, beneficiavano dell’IVA ridotta solo se effettuate dagli autori, dai loro eredi o legatari. Con la nuova misura, il trattamento agevolato viene generalizzato.
Va sottolineato che questa misura esclude la possibilità per i soggetti rivenditori di beneficiare del regime del margine nel caso sia già stata applicata in precedenza l’aliquota ridotta agli stessi beni. In questi casi si dovrà quindi obbligatoriamente assoggettare la cessione alla nuova aliquota del 5% sul valore complessivo della rivendita.
Con questa riforma, l’Italia introduce l’aliquota IVA più bassa in Europa per le importazioni e le cessioni di opere d’arte. Oltre a rappresentare un vantaggio fiscale indiretto, attraverso un potenziale incremento dell’attività economica correlata al settore, la misura potrebbe produrre effetti positivi sull’intero mercato come incentivare la crescita delle transazioni, attrarre investitori internazionali e aumentare la competitività dell’Italia nel panorama artistico europeo dove a farla da padrona sinora è stata la Francia.
Secondo uno studio condotto da Nomisma e presentato lo scorso marzo, l’impatto economico della riforma potrebbe rivelarsi significativo: viene stimato, infatti, che nel prossimo triennio possa generare un fatturato complessivo di circa 1,5 miliardi di euro, con un effetto potenziale sull’economia italiana fino a 4,2 miliardi di euro.
La riduzione dell’aliquota IVA non è l’unica novità per il sistema dell’arte. Il 28 giugno è entrato in vigore anche il Regolamento UE 2019/880 relativo all’introduzione e all’importazione nell’Unione Europea di beni culturali prevenienti da Paesi terzi. L’obbiettivo è quello di impedire l’introduzione nel territorio doganale dell’unione di beni culturali che sono stati illegalmente rimossi dai paesi in cui sono stati creati e/o scoperti, rafforzando la tutela del patrimonio culturale mondiale e contribuendo alla lotta contro il finanziamento del terrorismo.
Questa misura ha previsto l’introduzione di nuove limitazioni ed oneri in capo agli importatori di alcune tipologie di beni, che saranno d’ora in poi chiamati a presentare adeguati set documentali per comprovare la lecita esportazione dal paese di origine.
In particolare, il Regolamento prevede:
- il divieto d’importazione per i beni culturali (indicati nella parte A dell’allegato del Regolamento), qualora siano rimossi dal paese in cui sono stati creati o scoperti in violazione delle normative e dei regolamenti vigenti in tal paese. Tra tali beni rientrano quelli archeologici, le parti di monumenti artistici, storici o di siti archeologici, le antichità di oltre 100 anni, i quadri, le opere d’arte, le statue, le incisioni, le stampe, le litografie, i manoscritti e gli incunaboli, i libri, i documenti e le pubblicazioni antiche;
- una licenza d’importazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato Membro (in Italia il Ministero della Cultura MIC) per l’importazione di beni particolarmente sensibili (elencati nella parte B dell’allegato del Regolamento) come i reperti archeologici o le parti di monumenti con più di 250 anni;
- una dichiarazione dell’importatore per beni culturali quali collezioni di fauna e flora, monete, oggetti di interesse etnologico, dipinti, sculture, manoscritti e libri, che hanno più di 200 anni e un valore superiore a 18.000 EUR (elencati nella parte C dell’allegato del Regolamento).
Sia la licenza di importazione che la dichiarazione dell’importatore dovranno essere presentate attraverso il sistema elettronico ICG ed ovviamente allegati alla dichiarazione doganale.
Ulteriori dettagli vengono forniti nel Regolamento di esecuzione 2021/1079 che individua una serie di documenti giustificativi che il titolare del bene culturale dovrà presentare al fine di dimostrare la lecita provenienza. Tali documenti includono tra gli altri: documentazione doganale che attesti i movimenti del bene culturale, fatture di vendita, titoli di proprietà, perizie che attestino la data e le modalità del trasferimento del bene dal territorio di origine, documenti assicurativi, relazioni sullo stato di conservazione, cataloghi d’asta o pubblicazioni museali che contribuiscano a stabilire la tracciabilità e la legittimità della provenienza.
Queste nuove misure si inseriscono nel più ampio quadro normativo che disciplina la circolazione delle opere d’arte e dei beni culturali. Come emerge chiaramente da questi interventi, il legislatore è chiamato a perseguire come sempre un duplice obiettivo: da un lato, incentivare la circolazione degli oggetti di interesse artistico e culturale, riconoscendo che proprio attraverso la mobilità tali beni acquisiscono valore e significato e sono in grado di dare slancio ad un mercato di rilievo; dall’altro, imporre limiti e controlli volti a prevenire fenomeni illeciti che potrebbero compromettere l’integrità del patrimonio culturale delle nazioni.
Si può ragionevolmente affermare che con queste novità siano stati compiuti passi importanti verso il raggiungimento di obiettivi attesi da tempo, segnando un potenziale punto di svolta per l’intero comparto del mercato dell’arte e dei beni culturali. Tuttavia, solo nei prossimi mesi – con l’attuazione concreta delle misure e l’assestamento delle relative prassi applicative – sarà possibile valutarne l’impatto reale e osservare le effettive reazioni del mercato, sia a livello nazionale che internazionale.
In un contesto normativo in costante evoluzione, diventa sempre più rilevante adottare una pianificazione doganale ex ante delle operazioni, che consideri non solo le implicazioni fiscali – come l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta e l’esclusione dal regime del margine – ma anche gli aspetti autorizzativi e documentali richiesti dai nuovi obblighi europei. Disporre in anticipo di un set documentale completo e coerente, in grado di comprovare la lecita provenienza dei beni, è ormai imprescindibile per evitare criticità operative, ritardi o, nei casi più gravi, il diniego all’importazione.
Una gestione strategica e consapevole delle pratiche doganali potrà dunque rappresentare, per gli operatori del settore, non solo uno strumento di conformità, ma anche un vantaggio competitivo in un mercato sempre più strutturato, esigente e globale.